In questo articolo forniamo una guida completa sulla tassazione crowdfunding in Italia.

Tassazione crowdfunding in Italia

Un argomento il cui interesse è in costante crescita, dato che questa forma di reperimento di fondi per poter concretizzare un progetto, sta aumentando sempre più. Vuoi per la crisi economica mordente, che spinge a cercare nuove forme di finanziamento. Vuoi perché stanno nascendo sempre più portali che si occupano di questa formula di raccolta fondi. E, ovviamente, il capitolo tasse non può essere trascurato.

Dunque, di seguito risponderemo nel modo più esaustivo possibile alla domanda: Come viene tassato il crowdfunding? Possiamo già comunque abbozzare una risposta: la premessa è che la tassazione del crowdfunding in Italia varia in base alle diverse tipologie di finanziamenti.

In generale, e salvo eccezioni e casistiche particolari, vige la cedolare secca sui guadagni provenienti da crowdfunding al 26% per le persone fisiche. Mentre il 26% per possessori di Partita Iva o società.

Legge fiscale italiane sul crowdfunding 2024

Entriamo subito nel cuore del problema e dividiamo l’argomento tassazione sul crowdfunding in Italia per più sotto-categorie.

Tasse equity crowdfunding

Partiamo dalle tasse che vanno pagate sull’equity crowdfunding, in quanto è una delle tipologie più utilizzate. Tasse equiparate dal TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi – come redditi di capitale.

L’equity crowdfunding va considerato come l’investimento di una somma anche minima in un’impresa. Per esempio poche decine di euro e ciò è alla base della sua diffusione, proprio per la facilità con la quale vi si accede.

Ciò di fatto permette di diventare soci e, contestualmente, ottenere guadagni proporzionati all’investimento effettuato, sia in base al valore dell’azienda sia in base alla concreta realizzazione di utili.

Per intenderci, il pagamento delle tasse sopraggiunge allorquando l’azienda finanziata genera degli utili e poi li redistribuisce tra i soci.

Le tasse da corrispondere sono, a seconda dei casi, IRPEF o IRES. Il primo caso quando si tratta di redditi di persone fisiche; il secondo caso quando parliamo di redditi di impresa.

Ricordiamo inoltre che l’acquisizione di quote societarie (quindi un investimento in crowdfunding), non prevede l’applicazione dell’IVA. Motivo? Non sono previste cessioni di beni e, per di più, esistono diverse agevolazioni per quanti decidono di intraprendere questa tipologia di investimento.

E qui siamo di fronte al secondo motivo della diffusione dell’equity crowdfunding, visto che è possibile utilizzare anche piccole somme con importi minimi che variano dai 20€ ai 50€.

Dunque, ricapitolando, si diventa socio di un’azienda che sponsorizza un determinato progetto. Il guadagno sarà proporzionale all’investimento effettuato e in base alla tipologia di rischio che caratterizza il progetto. A pesare sul profitto finale saranno due fattori:

  1. valore dell’azienda
  2. realizzazione di utili

Tasse lending crowdfunding

Questa seconda tipologia di tassazione viene imposta sull’utile considerato reddito di capitale. Quello soggetto a un’imposta del 26%, sempre da inserire nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.

Invece, per i titolari di Partita Iva o per le società di persone o di capitali che investono nel crowdfunding, gli interessi ottenuti vengono considerati redditi d’impresa. Pertanto, soggetti a l’IRES con un’aliquota al 24%.

Sono invece esentati da IVA, in virtù del fatto che i soggetti coinvolti nel lending crowdfunding non rappresentano istituto di moneta digitale.

L’idea di fondo del lending crowdfunding è: finanziare un progetto ottenendo un interesse sui soldi prestati allo scopo. Viene anche chiamato social lending.

La seconda posizione di questa tipologia di crowdfunding non è casuale, visto che sta riscontrando anche essa un notevole successo. Il motivo è presto detto: suddividendo la necessità di denaro tra diversi soggetti, si avrà una soglia minima di versamento. E ciò consente di partecipare a un progetto con un rendimento finale interessante, seppur partendo da un capitale minimo iniziale.

L’utile ottenuto viene considerato dalla legge fiscale italiana come reddito di capitale, alla stregua della vendita di strumenti finanziari. La fonte legislativa di riferimento è il Testo unico in materia finanziaria del 1998, con tutte le modifiche successivamente apportate.

Qui vige anche una linea sottile tra investitore privato e titolare di Partita Iva. Per chi ha una partita IVA, ad esempio, come consulente finanziario o come possessore di quote come società di persona o di capitali, la tassazione cambia. Gli interessi saranno equiparati come redditi d’impresa e non come forma di capitale. Si sarà pertanto soggetti al versamento dell’IRES pari al 24%.

Inoltre, per quanti distribuiscono utili a fine anno, occorrerà prendere in considerazione pure l’eventuale aliquota IRPEF da pagare per ogni singolo socio.

Tasse crowdfunding reward-based

Più articolata, invece, questa categoria di tassazione, legata proprio al modello di Reward-based. Esso infatti prevede una tipologia di finanziamento avente come oggetto la realizzazione di un prodotto innovativo proposto da una start-up. Si realizzerà pertanto una campagna con lo scopo di lanciare uno specifico servizio o bene ancor prima che esso venga concretamente creato.

Dato che si basa sullo scopo degli investitori partecipanti al progetto. Infatti, bisogna sapere che nel reward-based crowdfunding, il capitale investito non viene rimborsato. Tranne nel caso in cui non si riesca a raggiungere l’importo previsto per l’avvio del progetto. Ma è possibile ottenere due tipi di profitto:

  1. una ricompensa sotto forma di prodotto o servizio oggetto dell’attività
  2. un guadagno economico proporzionato ai ricavi e profitti dell’attività

Ed ecco che siamo di fronte a due tipi di tassazione. Se l’investitore opta per la prima tipologia di profitto, allora andrà incontro ad una tassazione prevista per l’acquisto di un bene futuro. Pertanto, occorrerà stabilire il valore del bene che si è ottenuto e pagare le relative tasse nel caso in cui si ottenga una plusvalenza.

Più semplice il secondo caso, dove la tassazione applicata è sempre la cedolare secca al 26%.

Ad onor del vero, esiste una terza tipologia di compenso, anche se questa accezione è tecnicamente errata: la restituzione della somma investita nel caso in cui non sia raggiunto l’importo previsto. Non l’abbiamo prima citata, giacché, non esistendo un surplus economico, non si applica alcuna tassa e aliquota fiscale.

Tasse crowdfunding immobiliare

Il crowdfunding immobiliare punta ad investire su un progetto immobiliare, come può essere una ristrutturazione, una riqualificazione o la costruzione ex novo di un complesso o di un edifico.

La tassazione del crowdfunding immobiliare avviene invece sugli interessi maturati sul finanziamento della società ma varia anche sulla base di diversi fattori.

Per esempio, se l’ente finanziario opera in Italia ed è registrato all’albo della Consob, la ritenuta ammonta al 26%. in caso contrario, sono applicate aliquote IRPEF la cui percentuale è compresa in un range tra il 23% e il 43%.

Infine, è opportuno anche sapere che, nel caso in cui ci si affida ad una compagnia d’investimento non registrata in Italia, bisogna altresì compilare il quadro RW destinato agli investimenti che avvengono al di fuori dello stato italiano.

Tassazione donation crowdfunding

Ci siamo riservati per ultimo il donation crowdfunding proprio perché non è soggetto a tassazione ed è esente dall’IVA. Ciò in quanto, come si evince dal termine “donation” nel suo nome, è appunto un finanziamento effettuato a titolo gratuito. Pertanto, senza scopo di lucro e, alla luce di ciò, non passibile di tassazione.

Generalmente, questo tipo di raccolta fondi è molto diffuso per consentire ad enti non profit o comunque operanti nel terzo settore di reperire fondi e crescere. Dal punto di vista normativo, può essere paragonato a un contratto di donazione. Ecco perché non si applicherà IVA e non è prevista una tassazione.

Tasse crowdfunding immobiliare privato 2024

Prima abbiamo visto quali sono le forme di tassazione previste dalla articolata legge fiscale italiana relativa al crowdfunding immobiliare.

Infatti, la legge italiana in materia fiscale differenzia, anche nel caso di questo particolare metodo di partecipazione finanziaria, i soggetti privati dai liberi professionisti e dalle aziende.

Partiamo, come si evince dal titolo, dai privati. Ovvero quanti sono soggetti al pagamento dell’IRPEF al 26%. O ad altri tipi di tasse ove previsto.

  • Tasse lending crowdfunding: IRPEF al 26%
  • Tasse crowdfunding reward-based: se il privato opta per una ricompensa sotto forma di prodotto o servizio oggetto dell’attività, pagherà una tassa sul valore del bene futuro acquisito e la relativa eventuale plusvalenza. Se invece opta per un guadagno economico proporzionato ai ricavi e profitti dell’attività, allora vige un guadagno economico proporzionato ai ricavi e profitti dell’attività su cui sarà calcolata la cedolare secca al 26%

Tasse crowdfunding immobiliare libero professionista e azienda 2024

Passiamo ora alle tasse previste per le società o i possessori di Partita Iva che investono nel crowdfunding immobiliare e beneficiano di utili o profitti.

  • Tasse equity crowdfunding: IRES al 24%
  • Tasse lending crowdfunding: gli interessi ottenuti vengono considerati redditi d’impresa. Pertanto, soggetti a l’IRES con un’aliquota al 24%.Sono invece esentati da IVA, poiché i soggetti coinvolti nel lending crowdfunding non rappresentano istituto di moneta digitale
  • Tasse crowdfunding immobiliare: se la società opera in Italia ed è registrato all’albo della Consob, la ritenuta ammonta al 26%. Altrimenti si va incontro ad una tassazione che varia in un range compreso tra il 23% e il 43%

Come pagare le tasse sul crowdfunding immobiliare in Italia

Veniamo infine al capitolo riguardante il come pagare le tasse sul crowdfunding immobiliare in Italia.

Il tutto, dipende dalla tipologia di piattaforma che si utilizza al fine di raccogliere i fondi.

La legge in materia di riferimento è l’articolo 43 della Legge di Bilancio 2018, che distingue le piattaforme in due grandi famiglie:

  • piattaforme riconosciute come intermediari finanziari dalla Banca d’Italia
  • siti di crowdfunding non qualificati come intermediari finanziari

Cosa cambia tra le due tipologie? Per quanto concerne le piattaforme riconosciute come intermediari finanziari dalla Banca d’Italia, esse sono obbligate ad applicare una ritenuta pari al 26% sul guadagno ottenuto dall’investimento. Non occorrerà invece inserire l’importo nell’IRPEF nella dichiarazione dei redditi e versare il relativo F24.

Per quanto concerne la seconda tipologia, vale a dire i siti di crowdfunding non qualificati come intermediari finanziari, parliamo dei cosiddetti siti “peer to peer lending” che non svolgono funzione di intermediazione. Per essi, non è prevista la ritenuta introdotta dal suddetto articolo 43 della Legge di Bilancio 2018.

Il prestito peer-to-peer (indicato anche con l’acronimo P2P) è un modo per le persone di prestare denaro a privati o aziende. Il prestatore di denaro riceve indietro il proprio denaro investito più gli interessi maturati. Occorre però anche ammettere che il prestito P2P può essere molto più rischioso di altre forme di risparmio, come un conto di risparmio.

Cosa significa tutto ciò? Che il contribuente deve inserire i proventi ottenuti nella specifica sezione RW all’atto della compilazione della dichiarazione dei redditi e pagare successivamente le imposte dovute.

In generale, l’impianto normativo di riferimento è il seguente:

  • Legge 205/2017: operazioni al di fuori della sfera di impresa effettuate da persone fisiche a terzi
  • Testo Unico 24 febbraio 1998: specifiche sulla tassazione e sugli strumenti finanziari
  • Decreto-legge n. 66 del 2014: aggiornamenti riguardanti l’aspetto fiscale sugli strumenti finanziari
  • Regolamenti IVA UE del 2015: riferimento all’applicazione dell’IVA per le piattaforma di raccolta fondi
  • Art 43-44 Legge di bilancio 2018: attività fiscale delle piattaforme peer to peer lending

Non mancano comunque una serie di divergenze e vuoti normativi. Ad onor del vero, tale confusione non è solo dovuta alle continue aggiunte normative dei tanti governi susseguitisi in questi anni. Ma anche dalla particolarità di questo particolare tipo di investimento.

Infatti, in alcune tipologie previste non è presente un vero e proprio guadagno, mentre in altre si può parlare di rendimento. Non mancano casi che si piazzano in una sorta di “zona grigia”. E di ciò ne risente anche il quadro fiscale.

Abbiamo poi infine visto come alcune versioni di crowdfunding beneficino anche di sgravi fiscali.

Domande frequenti su tasse e crowdfunding

Concludiamo questa guida completa sulla tassazione del crowdfunding in Italia con due domande ricorrenti sull’argomento.

Come viene tassato il crowdfunding?

La legislazione fiscale italiana fa una distinzione tra privati da un lato e titolari di Partita Iva e società dall’altro. Nel primo caso, infatti, va solitamente pagata l’IRPEF con una tassazione al 26%. Nel secondo caso, invece, l’IRES al 24%. Non mancano comunque eccezioni e altre casistiche.

In che ambito rientra il crowdfunding?

Il crowdfunding rientra nel settore della finanza alternativa, dato che si basa su canali e strumenti di finanziamento sviluppatisi al di fuori dei settori finanziari tradizionali. Propri dell’economia digitale. Rientra a pieno titolo tra i cosiddetti “finanziamenti dal basso”.